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Ettore uscì dal bagno pallido come un morto peggio di quando all’età di quattro anni aveva visto la zia Agatella con i bigodini e aveva perso la parola per una settimana intera.
A Susanna bastò guardarlo con la coda dell’occhio per capire che era successo qualcosa di serio.
“Tutto a posto, Toto?”
“Certo! Perché? Ho qualcosa di strano? Vedi qualcosa che non va? Perché me lo domandi?”
Susanna lo studiò per un attimo.
“Be’, diciamo che se il conte Vlad avesse appena preso possesso del nostro armadietto dei medicinali, la tua faccia sarebbe perfettamente consona alla scoperta.”
“Naaa! Devo essere solo un po’ stanco…”
Come dirle che si era appena guardato allo specchio e aveva visto una cosa che, madonna, non ci poteva pensare.
E non si trattava di un brufolo gigante né di un diradamento improvviso dei capelli alle tempie. No.
Ettore aveva visto sé stessa. Sé stessa, esattamente, nessun errore.
Lui, inequivocabilmente, ma versione donna. Una cosa da restarci secchi. Si era stropicciato le palpebre, aveva spento e riacceso la luce, si era pizzicato a sangue ma la visione nello specchio aveva continuato a guardarlo con quegli occhi così, così femminili, ecco, e poi si era spaventata ed era rimasta a bocca aperta con una bocca carnosa che ci mancava solo il rossetto ed era perfetta. Nelle budella aveva avvertito un rovesciamento ed un controrovesciamento e c’era mancato poco che non vomitasse all’istante tutta la colazione.
“Ehm, Susy…”
“Dimmi Toto”
“Tu, come mi vedi?”
“In che senso me lo chiedi?” Susanna lo scrutò con aria indagatrice.
“Mah, così, in generale. Quindi mi vedi bene, cioè normale, sì? Come sempre, giusto?”
“Toto, dimmi subito che sta succedendo”
Non resistette manco due minuti. La trascinò in bagno davanti allo specchio e mentre lo faceva sperava in realtà con tutto il cuore che di fronte agli occhi di lei tutto si sarebbe rivelato un abbaglio, un miraggio, un’allucinazione.
“Avanti, dimmi cosa vedi” disse tenendo gli occhi chiusi per il timore di ritrovarsi di nuovo di fronte a miss lui stesso.
Susanna cacciò un urlo da casa degli orrori.
Ecco, era fatta, non era stato un miraggio. Aprì gli occhi rassegnato alla visione di Ettorina e subito replicò l’urlo di lei a volume raddoppiato.
Accanto alla solita Ettorina ci stava un terrorizzato Susanno che guardava entrambi inorridito.
Si ritrovarono in salotto riversi sulle poltrone. Non sapevano che dire e il fatto di vedersi reciprocamente immutati, con l’aspetto di sempre, non riusciva a tranquillizzarli. Qualcosa nella visione del proprio viso perfettamente incarnato nell’altro genere, li aveva turbati così profondamente da non riuscire a superarne l’impressione.
Uscirono di casa per andare a lavorare evitando di scambiarsi il solito bacio.
Ci volle ben poco perché entrambi capissero che anche tutte le altre persone avevano vissuto la loro stessa esperienza. Colleghi, passanti, vigili urbani e conducenti d’autobus, maestre, bariste e netturbini, tutti indistintamente si portavano a spasso facce sconvolte, visi ridacchianti, espressioni stralunate. C’era gente che parlava da sola, altra che piangeva e una folla di persone in coda per potersi vedere a figura intera nelle vetrine dei negozi. Restavano lì, a bocca aperta di fronte alle proprie gambe nuove, ai propri piedi, al proprio inedito profilo, e poi subito correvano a cambiar vetrina per verificare se il miracolo si ripeteva.
A quanto pareva tutti gli specchi in circolazione avevano preso a riflettere quell’immagine rovesciata che Ettore e Susanna si erano trovati di fronte al mattino. Per di più, come loro stessi avevano già notato, non si limitavano a mostrare una specie riedizione travestita, truccata, della persona riflessa ma esattamente l’aspetto che ognuno avrebbe avuto se fosse nato del sesso opposto e lo si capiva con certezza nel momento esatto in cui lo si vedeva, tanto era palese, evidente, che la natura avrebbe dato a quel corpo esattamente quell’aspetto se si fosse trovato a disposizione quegli stessi cromosomi con l’eccezione d’uno solo.
Scoppiò una specie di caos generale.
Pochissimi dopo essersi guardati per bene e aver soddisfatto la propria curiosità, furono capaci di riprendere la propria vita di sempre come se nulla fosse. La maggior parte delle persone, al contrario, ebbe la propria esistenza sconvolta da quell’esperienza.
C’era chi, trovandosi assai meglio nello specchio che nella realtà, passava tutto il proprio tempo a guardarsi riflesso, senza riuscire a combinare più nulla.
Altri, quasi a volersi rassicurare sulla propria identità sessuale, ne accentuavano i comportamenti e l’aspetto esteriore, diventando macchiette tutte muscoli e rozzezza o, all’opposto, tutte tacchi, rossetto e minigonne.
Certuni si erano confusi e dubitando d’ogni cosa, si erano rivolti a psichiatri che, già confusi precedentemente, avevano ricevuto con la visione del proprio genere rovesciato, una inaspettata conferma delle loro teorie che li aveva distrutti definitivamente rendendoli, se mai lo erano stati, totalmente incapaci di aiutare chicchessia.
Un piccolo drappello di visionari mistici inventò una specie di rito di passaggio durante il quale, guardandosi allo specchio, ci si riusciva ad incarnare nel proprio sé di sesso opposto per diventare al proprio ritorno persone finalmente complete. Durarono poco, poveretti, poi in breve vennero perseguitati e sterminati fino all’ultimo adepto.
Dopo qualche mese dall’inizio dello strano fenomeno, il quadro generale poteva essere così riassunto, pur nell’incompletezza della sintesi: era tutto un gran casino.
Le autorità dovettero affrontare il problema e lo fecero brillantemente.
Come già la strega cattiva di Biancaneve vietarono gli specchi in tutto il reame.
In capo a qualche anno tutto venne dimenticato e la società tornò ai propri sani equilibri, con gran sollievo di tutti.
E i nostri protagonisti? Che ne fu alla fine di loro?
Ettore ha cambiato sesso e ora si fa chiamare Andromaca. Ha rincontrato poche settimane fa Susanna nel suo locale di lap dance, le ha raccontato la sua storia, l’operazione e tutto il resto, ed è finita che si sono innamorati di nuovo. Vivono nello stesso quartiere di un tempo, dove le coppie omosessuali sono ben accette, e sono, per quanto possibile, felici.