Tag

, , , , , , , ,

Al pomodoro, prima vittima della settima arte
e a tutte le solanacee senza nome immolate
in oltre cent’anni di riprese cinematografiche.
Che il loro sacrificio non sia stato vano.

Der Schein trügt.
Fallitur visus.
No l’è tûtto ôu quello che lûxe.

Ora io dico.
Se persino un addetto ai lavori ci mette mille cautele quando usa certi attrezzi, cosa avrebbe dovuto fare uno che nella vita i bicipiti li aveva impiegati al massimo per sollevare pagine stampate? Spesse magari, certamente, due alla volta in qualche caso, come no, ma insomma.
E invece bisognava vederlo, il topo di biblioteca, il ricercatore, il saggista, l’ordinario di Storia moderna, l’esperto di Rivoluzione francese e specialista del suo periodo più sanguinoso (Repubblica Giacobina e Terrore, giugno 1793-luglio 1794), bisognava vederlo con quella specie di mitragliatrice in mano, brandirla a destra e a manca come fosse una pistola ad acqua, altroché.
L’attrezzo, acquistato su internet e usato con la suddescritta disinvoltura dal prof. Finonzi Claudio, detto Robespierre, altro non era se non una pistola sparachiodi ad aria compressa da 32 mm., uno di quegli aggeggi che lo sanno tutti, ma proprio tutti, è meglio non dargli troppa confidenza che se ti distrai ci vuol niente a inchiodarti una mano al primo trave senza nemmeno avere accanto due ladroni con cui discorrere un poco mentre aspetti i soccorsi.
E ciononostante il nostro si sentiva a proprio agio come se nella vita avesse sempre fatto il carpentiere. Forte delle sue conoscenze sulla tecnica di costruzione delle cattedrali medievali con particolare riguardo a quella di Amiens (1220-1288), si era messo in testa di fabbricarla lui stesso la culla del bambino.
Che l’operazione, oltre ad essere pericolosa, fosse lievemente prematura (la moglie aveva solo due giorni di ritardo) non era poi cosa che si potesse fargli notare, in quanto il professore detestava essere messo in discussione quando faceva qualcosa. Nè Rossana stessa, la sedicente gravida, si sarebbe sognata di interrompere tanto slancio, anzi.
In verità l’entusiasmo con cui il novello falegname si era lanciato nell’iniziativa l’aveva lasciata piacevolmente di stucco. Proprio lui che aveva sempre dichiarato che di figli non voleva sentir parlare nemmeno da morto. C’era davvero di che fregarsi gli occhi e prendersi a pizzicotti a vederlo lavorare così di buona lena e misurare e piallare, tutto imbriciolato di segatura.
“E io ci metto anche il dondolo!” borbottava con lo sguardo lievemente posseduto. Borbottava e segava, incollava e borbottava.
E questa non era l’unica cosa strana.
Tutto, a ben pensarci, in quella situazione era inusitato, a partire dalla stessa gravidanza, arrivata in maniera a dir poco inspiegabile, almeno dal punto di vista del novello falegname.
Appunto.
Perché a guardare la cosa da un altro punto di vista, una spiegazione all’apparente miracolo c’era e nemmeno troppo complicata. Diciamo che era stato necessario ricorrere ad un piccolo trucco e dare una mano alla natura.
Solo Rossana poteva sapere quanto era stato difficile aggirare le difese del cauteloso cattedratico. Quando si parlava di correr rischi procreativi, il prof. Robespierre diventava guardingo come un impala alla sorgente e ben raramente si lasciava andare. Solo durante i giorni del ciclo poteva succedere che abbassasse la guardia, specie se aveva bevuto qualche bicchierino in più del suo amato Calvados.
Ora, insomma, c’era un po’ da vergognarsi a dirlo, ma Rossana a parole dichiarava di aver gran rispetto per la scelta del marito ma in cuor suo un figlio lo voleva e lo voleva quasi ad ogni costo. E poi, si ripeteva mentre pensava come risolvere il conflitto interiore, non era neanche giusto che questo suo legittimo e naturale desiderio fosse cestinato così, senza appello.
Alla fine era stato il cinema a darle l’idea. La settima arte, la grande mistificazione. Insieme a un barattolo di salsa Pummarò.
Simulata alla grande la mestruazione con una serie di inequivocabili rosse prove artatamente lasciate in punti strategici, aveva imbandito una cenetta che apriva con risotto flambé al Calvados, proseguiva con scaloppine al Calvados e chiudeva con un tripudio di mele mele dolci affogate al Calvados. Quando il marito mollemente adagiato sul divano aveva cominciato a fare l’occhio da pesce persico, lei, dalla poltrona di fronte, gli aveva sfoggiato una scosciata con reggicalze degna del Moulin Rouge e tutto era finito in gloria.
La reazione di Robespierre di fronte alla notizia del ritardo era stata, come si conviene, di terrore per poi tramutarsi in breve in termidoro, se così vogliamo chiamare quella assurda alacrità che aveva tramutato il giardino in una segheria industriale.
In quel momento, ad esempio, stava imbracciando la sparachiodi ed era intento a prendere la mira contro un asse di pino.
Difficile dire che cosa può portare un uomo a compiere atti che giudicherebbe assolutamente stupidi se li guardasse da fuori. Alzi la mano chi non ha mai preso un libro al contrario. D’accordo, si può convenire che piazzarsi sul torace un libro al contrario o una sparachiodi al contrario non ha le stesse conseguenze. E certo che no.
Il colpo sordo e il gemito soffocato richiamarono l’attenzione di Rossana che con un occhio osservava dalla finestra l’operoso cantiere e con l’altro leggeva sul telefonino un forum di future mamme.
Robespierre stava in piedi e la guardava con aria ebete, il braccio destro lungo il corpo a stringere ancora la sparachiodi, la mano sinistra aperta sul petto. Sulla camicia si allargava una chiazza rossa che altro che Pummarò.
I medici dell’automedica e poi quelli del pronto soccorso dove arrivò in codice ovviamente rosso, non ebbero alcun problema a confessare che non avevano mai visto una cosa come quella e non sapevano come trattarla. Il chiodo si era piantato nello sterno e sembrava avesse miracolosamente driblato ogni centro vitale. Il punto dolente era come rimuoverlo.
Mentre attendeva il consulto dei chirurghi a Rossana vennero le mestruazioni. Si era trattato solo di un ritardo.
Quando, dopo l’intervento, il professore apprese la notizia, trovò la forza di commentare con un filo di voce: “Vuoi dire che mi sono infilzato come un coleottero per nulla?”.
In quel momento esatto il volume del televisore appeso in stanza crebbe lievemente e passò lo spot della passata vellutata, cento per cento pomodori italiani.
Rossana appoggiò la fronte sui palmi delle mani e pianse.
Il prof. Finonzi guardò fuori dalla finestra e pensò che se la voce dell’incidente si fosse sparsa forse questo gli sarebbe costato un nuovo nomignolo.
“Servosterno”, magari, o “chiodo fisso”. Chi lo sa. La gente è strana, difficile prevedere.