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A Giovanni Boccaccio, maestro attraverso il tempo
Niccolò si era preso una scuffia per Zoe di quelle che non te le dimentichi per tutta la vita. Quando vedeva le altre ragazze ridere tra di loro, tutte consapevoli del loro potere sui ragazzi, con i loro lucidalabbra, i loro jeansini attillati se andavano di moda i jeansini attillati, a vita bassa se andavano a vita bassa, con i loro tatuaggetti d’ordinanza, si domandava che diavolo potessero mai trovarci i suoi amici in tipe così. Zoe, non per dire, era tutta un’altra cosa.
Zoe vestiva dark, dura, senza compromessi e quando arrivava a scuola, in mezzo al guazzabuglio di colori della mandria variopinta degli studenti che transumava verso l’entrata, lei spiccava tra tutte come un corvo imperiale. Pur di piacerle Niccolò aveva fatto ogni cosa possibile. Si era vestito di nero dalla testa ai piedi, si era applicato uno spesso strato di cipria bianca sul viso che quando suo padre l’aveva visto aveva fatto un balzo indietro portandosi una mano al cuore mentre la nonna si era segnata tre volte. Poi aveva assunto un’aria cupa e vagamente depressa, proprio lui che si era sempre sganasciato dalle risate per ogni sciocchezza, e tutti i giorni durante l’intervallo si era messo in disparte a guardare nel vuoto in attesa che lei lo notasse. Si era atteggiato da nichilista, da pessimista, da necrofilo, da amimico, da cupo e da lugubre finché alla fine lei non aveva ceduto.
Ora che stavano insieme da quasi tre mesi e che lui si era sorbito innumerevoli pomeriggi nel più totale silenzio condividendo con lei le cuffie che gli sparavano nel cervello tutti i più mortiferi pezzi gothic wave degli ultimi vent’anni, aveva deciso che era giunto il momento di cogliere il frutto di tanto sacrificio. Avrebbe tolto la nera buccia alla funerea Zoe per rimirarne la bianca pelle il cui solo pensiero lo teneva sveglio da mesi.
Zoe la fece difficile. Si fece pregare per giorni, lo tenne sulle spine fino allo spasimo, lo tirò pazzo e solo dopo mille insistenze e altrettanti tira e molla alla fine acconsentì. Solo pose una piccola condizione.
“Voglio che la nostra prima volta avvenga in un ambiente degno di noi, fosco e terribile come il maniero di Dracula. Stupiscimi con qualcosa di indimenticabile e io sarò tua.”
All’inizio Niccolò isolò solo le ultime due parole del discorso di Zoe e ci mancò poco che si mettesse a esultare e a cantare di fronte a lei rovinando il lavoro di mesi. Solo più tardi, tornando a casa, capì di avere un problema. E anche bello grosso.
Si fece venire in mente di tutto, pensò persino di allestire la propria cameretta come il set della famiglia Addams con tanto di ragnatele finte e pipistrelli di carta ma presto capì che niente di tutto ciò avrebbe mai funzionato. Zoe era di palato fino e pretenziosa, per lei era indispensabile un’ambientazione originale.
“Maledizione” pensava Niccolò “ma non mi poteva capitare una ragazza normale che accettasse di venire in una normale stanza da letto, magari quella dei miei mentre loro sono, che ne so, a fare la spesa?”. Fu esattamente su quel pensiero che gli sovvenne il ricordo di quando aveva prestato casa sua a Giorgio per la sua prima volta mentre mamma e papà erano al mare per un giorno. Giorgio, grandissimo paraculo pieno di soldi che gli doveva un piacere grosso come una casa. Sempre a vantarsi che lui avrebbe ereditato la lucrosa attività di famiglia manco i suoi fossero dei magnati del petrolio. Eh si perché poi alla fine non erano altro che dei commercianti con una attività che…di cosa si trattava più? Ah sì, figurarsi, una ditta di pompe funebri.
Un attimo.
Un attimo, un attimo.
Giorgio subito fece un sacco di storie. Bisognò ricordargli che un debito era un debito, che c’era poco da ribellarsi e solo allora promise che ci avrebbe pensato. Il giorno dopo prese Niccolò da una parte e gli disse:
“Sentimi bene. Il massimo che posso fare per te e quella spostata della tua amica è mettervi a disposizione il carro funebre. La ditta chiude all’ora di pranzo per tre ore. La rimessa dove stanno le macchine è nel retro degli uffici. Io vengo, vi apro, sistemiamo un materassino nel carro e voi prima dell’apertura ve la smammate. Se ti va bene ti va bene e se no t’attacchi e vai a scopare al cimitero.”
Più sono ricchi e più sono cafoni c’è poco da fare.
Niccolò annunciò a Zoe che il gran giorno sarebbe stato l’indomani e che la sorpresa l’avrebbe lasciata a bocca aperta. Lei pur sforzandosi di mantenere un espressione indifferente, non riuscì a mascherare un lampo di curiosità nello sguardo.
All’una in punto del giorno seguente Niccolò e Giorgio si trovarono sul retro del “Petalo caduto”, poetica denominazione della premiata ditta di famiglia.
“Ma cosa si prova ad avere a che fare tutti i giorni con i morti?” domandò Niccolò “Come diavolo fa tuo padre?”
“Mio padre dice che lui di morti che rompono i coglioni non ne ha mai conosciuti. Se ne stanno lì fermi, buoni buoni e si lasciano far tutto. Dice sempre per scherzare che il giorno che dovesse vedere morti che si muovono cambierebbe mestiere. Credo che sia il suo modo di dire che non cambierà mai e io ne sono ben felice perché con questo lavoro si fatica poco e si guadagna tanto”.
Giorgio aprì la saracinesca e subito apparve il carro. Era bellissimo. Luccicante e cromato come è giusto che sia il vascello che traghetta verso l’ultima dimora. Zoe sarebbe impazzita. Aprirono il portellone posteriore e rimasero impietriti.
All’interno c’era una bara con tanto di fiori e tutti gli accessori.
“Non se ne fa più niente. Dobbiamo rinunciare.” disse Giorgio “Sarà per un’altra volta.”
“Piuttosto m’ammazzo” replicò Niccolò che se la sentiva già in tasca e non poteva pensare di tirarsi indietro ad un passo dal sudato traguardo.
“E cosa diavolo vuoi che facciamo?”
“Non si può spostare la bara?”
“Tu sei pazzo.”
“Ti supplico…”
“Nella stanza accanto c’è il tavolo su cui le appoggiano in attesa di metterle in macchina ma non so se ce la facciamo a sollevarla.”
“Proviamo”
Senza troppa fatica i due ragazzi spostarono il feretro e lo appoggiarono sul tavolo che stava dietro la porta. Evidentemente dentro c’era la salma di una persona non troppo pesante.
“Ti dovrai accontentare di due ore perché poi dovremo rimettere la bara dentro, d’accordo?”
“D’accordo ci vediamo qui tra due orette.”
Giorgio se ne andò e Niccolò andrò a prendere Zoe a cui aveva dato appuntamento nel bar di fronte al Petalo Caduto. Quando Zoe vide Niccolò aprire la porta del garage fece una faccia delusa ma appena le apparve il carro funebre le si illuminarono gli occhi. L’interno era spazioso e c’era un buon profumo di fiori. Le due ore che seguirono ripagarono Niccolò di tutti i sacrifici e tutta l’attesa di quei mesi. Fu una cosa super, pirotecnica, fantasmagorica. Si salutarono con un bacio molto diverso da quelli che si erano scambiati fino a quel momento.
Pochi minuti dopo che Zoe se n’era andata arrivò Giorgio e insieme rimisero ogni cosa al proprio posto come l’avevano trovata. Bara, fiori e tutto il resto. Tutto era andato alla perfezione. Niccolò andò a casa con il cuore leggero come un petalo, ma non caduto. Passò la sera ad ascoltare l’odiata musica Gothic wave trovandola splendida.
La mattina dopo a scuola Niccolò cercò Giorgio per ringraziarlo ancora.
Lo trovò seduto al suo banco con lo sguardo affranto.
“Ti volevo ringraziare Giorgio, sei un amico. E’ stata una cosa fenomenale. Credo di aver messo a dura prova gli ammortizzatori del tuo, ehm, diciamo, veicolo.”
“Me ne sono accorto” disse Giorgio con la voce piatta di un alienato.
“Ma si può sapere che ti succede? Sei strano.”
“Tu mi hai rovinato. Mi sono rovinato con le mie mani.”
“Ma che stai dicendo?”
“Mentre tu ti sollazzavi ieri pomeriggio, mio padre è venuto in garage, forse aveva scordato qualcosa, non so. Ha visto il carro che doveva contenere la bara scosso in tutte le direzioni come da un terremoto e si è sentito male. E’ uscito per chiamare aiuto, si è accasciato in strada, qualcuno ha chiamato l’ambulanza e l’hanno portato via in stato di choc. Quando si è ripreso verso sera ha voluto tutti i parenti vicino e ci ha comunicato che avrebbe ceduto l’attività e se ne sarebbe andato in pensione. Aveva sempre detto che il giorno che avesse visto i morti muoversi avrebbe lasciato questo mestiere. Non c’è stato verso di fargli cambiare idea”
Niccolò era impietrito. Giorgio aveva gli occhi umidi.
“Adesso dopo la maturità mi toccherà continuare a studiare e poi magari anche lavorare. Tu e quella sciroccata della tua ragazza mi avete rovinato. Mi avete rovinato”.