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Ho compilato tutti i moduli. Ho firmato dove c’era da firmare. Ho pagato le bollette. Ho lavorato così tanto che Stakanov l’hanno licenziato per negligenza e poi hanno licenziato anche tutti gli operai della fabbrica e hanno tenuto solo me che ho finito il lavoro di tutti. Ho risolto il caso dell’assassino seriale di trapeziste. Ho progettato un ponte fatto di cotton fioc, una cattedrale di gusci di noce, una piscina per fare lo sci d’acqua. Ho operato a cuore aperto la nonna del corsaro nero. Ho tinteggiato di bianco le pareti della casa bianca. Ho pelato tutte le patate di tutti i ristoranti di Germania. Ho risposto al telefono, ho leccato i francobolli, sono stato bravo, ho fatto i compiti, la doccia, ho buttato la spazzatura. Non ho pendenze, debiti, arretrati.
Ora dimmi che posso averti.
E se ancora non bastasse dimmi che posso averti lo stesso.
Se non potrò scorrere le mani sulla tua schiena al più presto, morirò di morbillo, di peste nera, di mal sottile. Mi sgretolerò come Pompei, svanirò come Spok nel teletrasporto se non potrò riempirmi le braccia di te.
Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Ho pagato il mio debito con la giustizia. Ho spazzato per terra, ho lustrato gli ottoni, ho chiesto scusa, ho fatto penitenza.
Ora fammi scorrere un dito sulle tue dita come fossero tasti di un piano, fammele poggiare sulle labbra una ad una come venti piccoli flauti, fatti suonare le ciglia come si suona il pettine con la carta. Lascia che ti guardi da ogni lato come quando facevamo le proiezioni ortogonali sui fogli di scuola, fatti studiare, imparare, recitare a memoria, tradurre in prosa.
Ho dato a tutti tutto il dovuto, non c’è più nessuno che possa volere qualcosa da me. E’ suonata la campanella, ho passato il confine dello stato, sono sul rialzo, in acque internazionali, in terra consacrata.
Ora posso stendermi su di te come un asciugamano su una spiaggia di sabbia, applicarti al mio volto come una maschera di bellezza, spalmarti sul petto come un cataplasmo, inalarti come il Viks Vaporub, bere da te come dalla bottiglia. Verificare se è vero che qualsiasi punto del mio corpo ha già toccato qualsiasi punto del tuo.
Che nessuno parli e chi vorrebbe parlare taccia per sempre. Dillo tu a tutti con un telegramma, con un megafono, con una catena di santantonio, che noi siamo il nostro prossimo pasto. Che io ho finito di arare i campi e ora sono vorace del tuo sapore. Che ho voglia di te come una gravida di anguria a dicembre. Che un tuo solo millimetro quadrato mi potrebbe ubriacare e nel contempo che tutta non mi potresti mai saziare.
E ti sogno intera e poi sogno le tue gambe e poi ti sogno intera e poi sogno il tuo collo e poi ti sogno intera e scalo marcia e strido in curva per affrettarmi verso il tuo castello. Che è buttato ogni momento che stai senza le mie carezze.
Con il grimaldello aprirò la porta, con il fuoco e con gli arieti, con la magia scavalcherò il fossato e mangerò a due a due le scale della torre. Avrò un singhiozzo al cuore rivedendo i tuoi capelli scuri. Mi poserò sulle tue guance, sulle tue cosce, come arriva al nido un migratore. Ogni cosa di te sarà un po’ meglio di come sarò stato mai capace di pensarla.