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Hai presente quando ti scordi una cosa che sapevi fare benissimo?
Andare in bicicletta, sciare, l’alfabeto muto, le divisioni con il resto, gli scioglilingua, le regole della scala quaranta?
E ti indigni se qualcuno ti chiede se ricordi ancora come si fa a farle.
Come? Tu chiedi a me se so fare quella cosa lì? Ma che domande sono? Per me è una sciocchezza, una quisquilia, ero un campione io, in quella cosa lì.
E ti è tutto chiaro, infatti, se ci pensi: il contorno, i preparativi, il set e la postura. Poi come ti appresti a procedere e sei sicuro di avercela sulla punta della lingua o delle dita, la maledetta cosa che giuravi fino ad un attimo prima fosse per te una bazzecola, rimani immobile e niente da fare. E finisce che ti devi rassegnare all’incredibile: quella cosa così ovvia non ricordi più come si fa.
Ecco a me è successa una cosa simile ma un pizzico più grave.
Ad un certo punto della mia vita mi sono scordato come si fa a dormire.
Ogni sera arrivava l’ora in cui tutti si accingono al riposo e io già sapevo quello che stava per succedere.
Ora per piacere non pensare che siccome lo sapevo, allora mi agitavo e divenivo io stesso la causa del problema. Tutt’altro. Anzi, facevo proprio finta di niente, per non autosuggestionarmi, e mettevo in scena per benino il mio rituale preparatorio, come tutti, che quello almeno me lo ricordavo, e ci mancherebbe, il pigiamino, i denti, il lettuccio, il silenzio, gli occhi chiusi.
E invariabilmente a quel punto iniziava il pasticcio.
Il problema è che non mi ricordavo niente di niente di come si doveva procedere nel passaggio effettivo che c’è da sveglio ad addormentato, il clou della faccenda, insomma.
Come si entra nel sonno? Se hai sonno ti metti lì comodo, chiudi gli occhi e poi viene tutto da solo. Manco il tempo di accorgertene e sei già addormentato.
Sì. Facile a dirsi.
È proprio questo che mi ero scordato. La mia coscienza si affievoliva, io prendevo a galleggiare lievemente e poi restavo lì a guardarmi. C’era qualcosa a quel punto che avrei dovuto fare e io semplicemente non lo ricordavo più.
Come dici? Che non c’è proprio niente che si deve fare? Che il segreto è tutto lì? E figuriamoci.
C’ho provato eccome, a non far niente ma non c’è stato verso. Il fatto è che neanche tu che parli tanto, lo sai dire quello che fai in quel momento ma qualcosa fai, te lo garantisco, solo che ti viene spontaneo e non lo sai spiegare. Ecco è esattamente quella cosa che non sai spiegare ma fai, che mi ero scordato.
Ora, il fatto è che stare svegli tutta la notte mentre gli altri dormono è una cosa incresciosa, questo si capisce, per cui sono andato dal medico che naturalmente mi ha prescritto i soliti ipnotici come da copione.
Io ho provato a spiegare che non era insonnia la mia ma una specie di dimenticanza, che semmai mi doveva scrivere qualcosa per la memoria, ma niente, non c’è stato verso. Questi medici si innamorano della diagnosi che hanno già formulato mentre sei ancora in piedi dalla porta e poi non c’è più storia. Io c’ho anche provato a ingurgitare le pillole ma non è servito a niente se non ad aumentare ancora di più la voglia di fare quello che non ricordavo più come si faceva a fare.
Allora sai come mi sono organizzato?
Per non creare troppo il caso intorno a questa faccenda incresciosa di cui mi vergognavo anche un po’, ho cominciato a fingere di dormire.
Mi mettevo lì immobile, facevo il respiro profondo e regolare e tutti in casa, mia moglie, i figli, il cane, si addormentavano a loro volta rasserenati dalla mia ritrovata normalità. Io me ne stavo lì con gli occhi chiusi a pensare e così passavo la notte. Riuscivo anche a riposarmi decentemente e alla mattina non ero nemmeno troppo da buttare. Ci stavo già facendo l’abitudine quando è arrivato l’altro fatto. Meno grave se vogliamo, ma io ricordo di averne ricevuto una impressione ancora maggiore.
Guardando un film comico che mi aveva sempre divertito moltissimo mi sono accorto di aver scordato come si faceva a ridere.
Cioè, non so come spiegare. Ridevo, da qualche parte, ma ridevo dentro, nel cervello, mentre fuori rimanevo impassibile. Quell’onda che sale dallo stomaco e ti esplode il bocca costringendoti ad azionare i muscoli mimici che allargano gli angoli delle labbra e ti scuote ritmicamente il diaframma in maniera irresistibile non mi nasceva più dentro. Mi ero scordato il da farsi e non c’era modo di ricordarlo.
Inutile dire che a farmi scrivere gli antidepressivi dal medico non ci sono nemmeno passato e subito ho cominciato a fingere di ridere.
In breve sono diventato bravino, devo dire. Ridevo bene e a proposito e nessuno mi sembrava si accorgesse di nulla.
Che mi fossi dimenticato anche di come si piangeva me ne sono accorto al funerale di Cardelli, dell’ufficio stipendi. Accorgersene e soffiarsi il naso rumorosamente simulando è stato tutt’uno. Poi è toccato alla rabbia e all’ira. Da un giorno all’altro, pluff, non c’è stato più verso di provarle, nemmeno se un bambino mi rovesciava un cono gelato in una scarpa o se sentivo parlare un sottosegretario in televisione. Sono seguiti, uno alla volta l’orgasmo, la vergogna, la noia e io giù a fingere sempre più come un attore dell’accademia.
E sarebbe potuta andare avanti così per sempre, per quanto mi riguardava, dal momento che quel fingere cominciava a non dispiacermi e a mostrarmi i suoi vantaggi. Le manifestazioni esteriori che fino a quel momento mi erano venute com’erano venute, spontanee, un po’ selvagge, a volte eccessive ed altre ancora sbiadite rispetto al sentimento che l’aveva generate, mi sembrava se ne fossero decisamente avvantaggiate. Mi stavo convincendo che in questo modo si fossero fatte molto più calibrate, più commisurate, più eleganti, più estetiche. Più veritiere, se devo usare l’aggettivo giusto, ecco, più veritiere. Piangevo né troppo né troppo poco e sempre quando la situazione lo richiedeva, dormivo le ore necessarie di un sonno composto e senza strascichi, mi arrabbiavo poco, in maniera appropriata e subito mi passava.
Come dici? Se non mi pesava passare la vita fingendo? Non più di tanto e comunque sta a sentire il seguito.
Tutto andava avanti così da un bel po’ finché non è arrivata quella maledetta domenica. Ero stato al cinema nel pomeriggio ed ero rimasto decisamente perplesso da un fenomeno che avevo notato. Un certo numero di persone, non poche in sala, ridevano tutte all’unisono ed io insieme a loro. Avevo percorso la strada verso casa distratto e pensieroso.
Giunti a casa io e mia moglie abbiamo fatto l’amore e abbiamo raggiunto il culmine insieme. Un perfetto e sincrono fondersi nello stesso istante come dicono capiti di rado.
Un po’ troppo perfetto.
Che strano, mi sono detto, che lei si sia accesa così proprio mentre io fingevo. Perché io fingevo, su questo non c’era alcun dubbio. Allora mi è venuto un atroce sospetto. Ho cominciato a osservare con maggior attenzione i comportamenti di mia moglie, cosa che fino a quel momento avevo fatto di rado, tutto preso dalle mie dimenticanze. L’ho osservata prepararsi per andare a letto, ridere, arrabbiarsi e piangere e sono giunto all’inevitabile conclusione. Anche lei finge. Anche lei si è scordata come si ride e come ci si addormenta.
Ma c’è di peggio.
Studiando il comportamento di amici, colleghi, passanti ho cominciato a riconoscere decine e decine di smemorati che fingono esattamente come noi. Ho visto persone che fino al giorno prima si comportavano con quell’ombra di goffaggine che è tipica degli Spontanei divenire da un momento all’altro degli Attori. E mi sono reso conto che il fenomeno è in crescita, ovunque intorno a noi.
Come? Mi chiedi se ne ho mai parlato con qualcuno? No, tu sei il primo, per essere sincero. Ma tu sei tu, se non mi posso fidare di te, dopo una vita.
E poi mi sono convinto che tutto questo non sia negativo e che ci troviamo di fronte ad una sorta di evoluzione della specie. Un mutamento benefico che ci sta facendo perdere delle debolezze animali, chiamiamole così, e in cambio ci sta regalando una nuova perfezione. A che serve in fondo parlarne? Tanto la finzione è sempre stata dietro l’angolo da che mondo è mondo e in fondo non è cambiato nulla.
Come quella volta, ricordi, che mi ero tutto preso di quella tipa che mi giurava amore eterno e invece era sposata e con un figlio. Ridi, ridi ma io c’ero stato male da morire.
A proposito, ma com’è che adesso ridi in quel modo strano?